I bambini e i loro oggetti

Daniel Roy

Preso alla lettera, il tema “I bambini e i loro oggetti” evidenzia la dimensione del multiplo - un invito a non essenzializzare “il bambino”. Qui ci sono due molteplicità: da un lato “i bambini”, dall'altro “gli oggetti”, legati dal determinante possessivo “loro”. In un certo senso, i bambini sono determinati dagli oggetti che fanno propri. Per quanto riguarda gli oggetti, solo i bambini possono insegnarci cosa sono, come li usano e per quali funzioni. E che dire del loro legame: è un rapporto di possesso? Abbiamo l'opportunità di mettere in discussione questo rapporto, a partire da quello che ci fanno sapere i bambini. Questi due insiemi, “bambini” e “oggetti”, vanno intesi anche come sembianti, come li definisce Lacan, come dei significanti che si regolano l'uno in relazione all'altro. Ecco perché, utilizzando i termini che Jacques-Alain Miller ha messo in risalto, ci sarà utile considerare i bambini e gli oggetti come partner nel gioco della vita.


I “menus objets”

L'espressione “menus objets” [N.d.T.: nella doppia significazione di menus, 1. piccolo, minuto; 2.menu] ricorre più volte nell'insegnamento di Lacan, un'espressione ben concepita per sottolineare che i bambini mettono gli oggetti nel loro menu, e per suggerire che a volte certi oggetti consumano, ovvero consumano i bambini. È questo l'approccio agli oggetti scelto per questa presentazione. 

Infatti, nell'incontro – una cura analitica, una psicoterapia, nelle istituzioni, negli asili nido, negli ospedali, nelle scuole - i bambini si presentano con i loro piccoli oggetti, o si appropriano dei piccoli oggetti messi a loro disposizione, o proprio di quelli che non sono a loro disposizione! 

Partendo dalla cura, diremmo che i bambini si analizzano con i loro oggetti. È in questo contesto che ci insegnano di cosa sono fatti, e questo sapere sarà molto utile in altre istituzioni come nella vita quotidiana. Perché la presenza di questi oggetti non è affatto una questione di tecnica analitica applicata ai bambini: si tratta di accogliere gli oggetti partner del bambino. Certo, non sempre appaiono, quindi bisogna cercarli: sono da qualche parte, nella sala d'attesa, a casa, per strada o nei nuovi spazi creati dalla scienza, oggetti staccati fisicamente dal bambino ma intimamente legati a lui. Oggetti tradizionali della domanda o nuovi oggetti prodotti dalla tecnica, li possiamo riconoscere facilmente nella vita quotidiana dei bambini: in famiglia, sono gli oggetti di cui all’occasione saranno privati, sia come minaccia o per davvero; a scuola, all'università o al liceo, sono gli oggetti che saranno confiscati. Ecco gli oggetti preziosi del bambino sequestrati in cattiva compagnia, quella della “punizione”, della quale d'ora in poi porteranno il marchio dell'infamia.

“Il partito preso delle cose”

Questo ci incoraggia nella nostra pratica a scegliere “il partito preso delle cose [1] ”, come dice Francis Ponge nella sua eponima raccolta di poesie, cioè a considerare gli oggetti nella loro materialità e nel loro “motérialisme [2]”. Il poeta fa intendere due modalità di esistenza delle “cose”: gli oggetti del mondo sensibile e le risonanze della lingua. Il partito preso dal poeta per le cose è dello stesso ordine del partito preso dai bambini per gli oggetti che vengono loro incontro. In questo movimento in cui accogliamo i bambini con i loro oggetti, scopriamo che c’è realmente un partito preso degli oggetti stessi, che sono della partita e vi giocano la loro parte. E questo avviene in due modi: attraverso il colpo che ricevono dall’essere scelti da parte di quel bambino lì - nella pura contingenza dell’istantaneità del momento in cui avviene - e anche attraverso il marchio che ricevono dalla loro iscrizione come significanti nell'attualità del discorso. Questo secondo tempo, di soggettivazione, risponde alla temporalità dell’après-coup nella presa di posizione del soggetto rispetto al tempo precedente. In assenza di questo tempo 2, l'oggetto persevera nel suo essere di godimento senza la risorsa del suo essere di sembiante, addirittura contaminando il suo essere di sembiante che gli ritorna allucinato e persecutorio - ci riferiamo al caso di Robert, il bambino dei lupi [3].

È infatti in quanto sembianti che gli oggetti sono manipolabili - scambiabili, rubati, prestati o regalati, persi o trovati. Possiedono molte altre qualità non psicologiche che li rendono più disponibili delle persone che circondano il bambino, più affidabili e più stabili degli esseri parlanti. Gli oggetti possono sopportare molto di più e possono essere distrutti senza ritorsioni.

Gli oggetti danno anche indicazioni precise sulle “teorie dell'Altro” elaborate dal soggetto. I bambini hanno con gli oggetti un rapporto saper-fare, che rilascia una soddisfazione certa. Se la costruzione Lego crolla, non resta che piangere o far saltare tutto in aria! Ci si aspetta dagli oggetti un tipo particolare di garanzia, una garanzia gratuita, senza alcun contratto né credo preliminare. L'unica promessa - e che promessa! - è che l'oggetto reggerà, nella misura in cui il bambino stesso ci ha messo del suo. 

Gli oggetti inanimati hanno indubbiamente un'anima, e anche piccoli agglomerati di anime, come gli psicoanalisti hanno appreso dai bambini. 


Freud e i primi psicoanalisti scoprono i piccoli oggetti dei bambini

Freud

Il primo oggetto di cui Freud scrive, è un oggetto nuovo, appena scoperto da un pediatra, un oggetto di soddisfazione capace di sostituirsi al piacere dell'allattamento, un oggetto che il bambino mette nel suo menù! Questo oggetto si chiama “la suzione” (das Ludeln), un oggetto creato dal bambino al servizio di questa soddisfazione ottenuta come derivato della poppata. La lingua, il pollice e il ciuccio non sono sostituti del seno, sono oggetti al servizio della soddisfazione sostitutiva: è la prima scoperta di Freud sugli oggetti del bambino, una scoperta fondante della sessualità infantile. Si noti che non si tratta di una sostituzione a somma zero. All'inizio c'è una perdita – la “ricerca di un piacere già provato” - e poi un modo di recuperare la perdita che non la annulla - ... “e ora ricordato [4] ”. 

Una seconda scoperta di Freud - che ha avuto un posto di rilievo nella preparazione dell'ottava giornata dell'Institut psychanalytique de l'Enfant - è l'ormai famoso gioco del rocchetto di suo nipote [5]. Ricordiamo che questo oggetto assume un valore particolare per il bambino, da un lato per la sua inscrizione nella dimensione della ripetizione al di là del principio di piacere, dall'altro per il suo potere di far sorgere un nuovo spazio attraverso la voce del bambino (fort-da) e attraverso il suo sguardo (far scomparire e apparire). È questo il senso del commento di Lacan: “È proprio con il suo oggetto che il bambino salta le frontiere del proprio dominio trasformato in pozzo e comincia così l'incantesimo” [6]. Qui il gioco del rocchetto ha la funzione di staccarsi in parte dalla domanda all'Altro e dell'Altro e a dare un posto al proprio desiderio via gli oggetti pulsionali. 

Una terza scoperta riguarda l'oggetto come feticcio, in qualche modo dissonante nel senso che è un oggetto qualsiasi, prelevato sul corpo dell'altro o dal proprio corpo, suscettibile di essere contaminato dalla soddisfazione, seguendo strane vie di conduzione, evidenziate da Freud, quelle delle risonanze linguistiche [7].
Melanie Klein

Per Melanie Klein, due principi regolano la vita psichica dei bambini nel loro rapporto con gli oggetti: l'invidia - non c'è oggetto se non incorporato - e la distruzione - qualsiasi oggetto è passibile di essere distrutto. È molto interessante rileggere il commento di Lacan alla presentazione di M. Klein del caso Dick nel Seminario I, Gli scritti tecnici di Freud. Qui egli indica che è il processo di distruzione applicato agli oggetti che aprirà il mondo umano al bambino, attraverso “l'interesse portato agli oggetti in quanto distinti [8] ”. Questa è un’annotazione fondamentale in quanto a questa si possono collegare le scoperte di Freud: sostituzione, condensazione, ripetizione, contaminazione da parte della lingua sono le vie di conduzione del godimento, che aprono la strada alla scoperta di “un mondo infinito per quanto riguarda gli oggetti [9] ”. Ma non senza l'assenso del soggetto, una Bejahung.

Winnicott

Impossibile non soffermarsi con Lacan sulla scoperta di quello che Winnicott chiama “oggetto transizionale”, di cui dice che “il punto essenziale non è il suo valore simbolico quanto il suo essere reale” [10]. La caratteristica essenziale di questo oggetto è che si conviene che al bambino non venga chiesto se l'ha creato o trovato. Lacan commenta: “Tutti gli oggetti del gioco del bambino sono oggetti transizionali. Il bambino non ha bisogno che gli si diano dei giocattoli veri e propri, ne fa con tutto quello che gli capita sottomano. Sono oggetti transizionali. A loro riguardo, non c'è da chiedersi se siano più soggettivi o più oggettivi, sono di un’altra natura” [11]. Lacan si interesserà al nuovo spazio creato dagli oggetti transizionali, uno spazio la cui vera fonte è “la mancanza dell'oggetto”. 

In un momento particolare della nostra cultura, l'oggetto transizionale ha fornito il modello degli oggetti addomesticati e l'immagine di un godimento pacificato, tutti oggetti considerati come possibilmente riparatori. 

Nella clinica, questa tendenza è stata contrastata da un altro oggetto, l'oggetto autistico, un oggetto tirannico che sembra divorare il bambino, espellerlo dal mondo umano, vociferare contro di lui e sorvegliarlo costantemente. 


Con Lacan, la scoperta di un nuovo oggetto 

Dal momento in cui è stato inventato da Lacan, l'oggetto a raccoglie e condensa le qualità e i valori degli oggetti, isolati da Freud e dai suoi allievi. Seguiamo qui il filo dei “menus objets”.

Nel 1958, in La direzione della cura, riferendosi all'instaurazione del transfert, Lacan afferma: “tutti sanno, e per primi gli psicoanalisti di bambini, [che] occorrono parecchi piccoli oggetti per intrattenere una relazione col bambino [12] ”. La loro funzione è quella di aprire la dimensione della domanda. La materialità dei piccoli oggetti è messa al servizio del loro valore significante. Ma per il bambino che entra nella parola, è sotto forma di nome proprio che accoglie ogni nuovo oggetto nella sua la lingua, senza più badare alla pronuncia corretta o all'attribuzione comune. Come Lacan sottolineerà anni dopo: la materialità degli oggetti non può essere concepita, a partire dall'esperienza analitica, senza il loro motérialisme

Nel 1967, ne L'Atto analitico, Lacan mette in evidenza “questo piccolo oggetto di cui Winnicott ci articola lo statuto [13] “, nella misura in cui esso scava il posto che attende il soggetto, non quello della nostalgia o dell’invidia di un godimento perduto per sempre, ma il posto che è sempre rimasto intatto e attuale del Lust Ich (“conoscere io stesso la regola del mio piacere”): in questo Lust Ich, che è davvero un gran furbone, il soggetto dovrà riconoscersi! È l'oggetto d'angoscia che indica la strada: “abbiamo già l'oggetto a guidarci”[14].

Qualche anno dopo, nel maggio 1970, nel suo seminario Il rovescio della psicoanalisi, Lacan usa l'espressione “menus objets” per riferirsi alla presenza di nuovi oggetti che creano e occupano uno spazio prima sconosciuto perché inesistente, l'aletosfera: “E per gli svariati oggetti a che incontrerete sul selciato uscendo, a tutti gli angoli della strada, dietro tutte le vetrine, nell’abbondanza di questi oggetti fatti per causare il vostro desiderio, nella misura in cui è la scienza che ora lo governa, pensateli come latuse”[15].

La creazione da parte di Lacan di questi due neologismi - formati a partire dal greco alèthéia, la verità - ci permette di nominare questi nuovi oggetti investiti massicciamente dai bambini del secolo e di collocarli in uno spazio in cui sono valutati con il metro di una verità puramente formale - o funziona o non funziona - che conferisce loro una consistenza sostanziale, una “autorità” particolarmente potente. Ciò che Lacan chiama plus-de-jouir, termine paradossale per indicare questo scarto, questo rifiuto, questo resto, questo torsolo della presa in un discorso, è ciò che opera realmente nei nostri gadget, nei nostri oggetti connessi, in quanto sono connessi a questo resto di godimento.

A seguire

Nascosti com'erano da pupazzetti e giocattolini, nell’après-coup delle elaborazioni di Lacan, vediamo delinearsi gli oggetti dei bambini così come il discorso per essere alla loro portata di mano. In questa oscillazione, li vediamo emergere nella loro realtà effettiva, come oggetto a nella sua Wirklichkeit di godimento e sembiante. Si precisano così le loro funzioni:

  • L'oggetto a separatore: al servizio della domanda, gli oggetti mettono i bambini in legame con il luogo dell'Altro, spazio simbolico in cui il soggetto trova il suo posto come mancanza. Oggetti non più riparatori, possono allora assumere la funzione di oggetti separatori per staccarsi dalla dipendenza dalla domanda dell'Altro e all'Altro.
  •  L'oggetto a come agalma e come parte staccata del corpo, oggetto parziale: funziona qui come “oggetto condensatore” per il godimento sottratto al corpo [16]; a questo titolo, gli oggetti danno consistenza allo spazio dell'Altro come corpo, dove trovano il loro posto come “scarto squisito”. Ma ora che sono diventati oggetti “fuori-corpo”, offrono una nuova prospettiva sull'oggetto, quella di una mancanza inclusa in ogni oggetto di interesse, di gusto, di valore, ovvero ciò che non si può dire di esso e che, in questo posto, provoca angoscia [17].

L'oggetto a “ nucleo elaborabile del godimento” [18]: gli oggetti danno così esistenza e autorità all’oggetto godimento [19] che apre un accesso diretto al Lust Ich, al più-di-godere, scuotendo la difesa dei sembianti dell'Altro del linguaggio e dell'Altro del corpo, elaborati difronte al reale. I bambini di oggi sono gli esploratori di questo nuovo spazio, di queste nuove reti, a volte a loro rischio e pericolo. Così facendo, ci insegnano che il rapporto con i loro oggetti è fondamentalmente sintomatico, sottomesso alle leggi formali associate all'incontro contingente del godimento con la lingua: sostituzione e condensazione, contaminazione e distruzione. La nostra azione presso ogni bambino che incontriamo con i suoi oggetti-partner, dipende dalla presa in considerazione di queste leggi e dalla posizione del soggetto rispetto ad esse.


Traduzione a cura della redazione

Revisione di Carlo De Panfilis


[1] . Cfr. F. Ponge, Il partito preso delle cose, Torino, Einaudi, 1997.

[2]. J. Lacan J, Conferenza sul sintomo, La Psicoanalisi, 2, 1987, p. 20.

[3] . Cfr. J. Lacan, Il Seminario, Libro I, Gli scritti tecnici di Freud, testo curato da J.-A.Miller, Paris, Seuil, 1975, p. 111-126.

[4]. Cfr. S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale [1905], Opere, vol. 4, Torino, Boringhieri1989, pp. 490-493.

[5] . Cfr. S. Freud, Al di là del principio di piacere [1920], Opere, cit., vol. 9, pp. 200-203.

[6]. J. Lacan, Il seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi,Torino, Einaudi 2003, p. 61.

[7] . Cfr. S. Freud, Feticismo [1927], , Opere, cit., vol. 10, pp. 491-497.

[8]. Lacan J., Il Seminario, Libro I, Gli scritti tecnici di Freud, op. cit. p. 81.

[9] . Ibidem.

[10]. D. W. Winnicott, Gioco e realtà, Roma, Armando Editore 1993, p. 30.

[11] . J. Lacan, Il seminario, Libro IV, La relazione d’oggetto, Torino, Einaudi 1996, p. 32.

[12]. J. Lacan, La direzione della cura e i principi del suo potere, Scritti, Torino, Einaudi,2002, p. 613.

[13] . J. Lacan, Le Séminaire, livre XV, L'Acte analytique, texte établi par J.-A. Miller, Paris,Seuil/Le champ freudien, 2024, p. 84.

[14]. Ibidem, p. 152.

[15] . Lacan J., Il Seminario, Libro XVII, Il rovescio della psicoanalisi, testo stabilito da J.-A. Miller, edizione italiana di A. Di Ciaccia, Torino, Einaudi, 2001, p. 203.

[16]. Cfr. Lacan J., Allocuzione sulle psicosi infantili, Altri scritti, Torino, Einaudi 2013, p.364.

[17] . Cfr. J.-A. Miller, L’angoscia. Introduzione al Seminario X di Jacques Lacan, Macerata, Quodlibet 2006.

[18]. J. Lacan, La Terza, La Psicoanalisi, 12, Roma, Astrolabio, 1993, p. 24.

[19]. Cfr. Miller J.-A., “L'objet jouissance”, La Cause du désir, 94, novembre 2016.Lezione del 3/5/1989 del corso Les divins détails, Université Paris VIII,

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